In un’area di 500 metri quadri sarà allestita un area espositiva con un percorso informativo - formativo dedicato agli studenti dai 4 ai 16 anni.
Magalì!
Si chiude oggi a Stoccolma la Settimana mondiale dell’acqua, un appuntamento a cui hanno preso parte 2500 esperti mondiali per confrontarsi sulla disponibilità delle risorse idriche nel mondo e sulle conseguenze del cambiamento climatico sugli approvvigionamenti di acqua.
Quest’anno, inoltre, la settimana ha puntato l’obiettivo sul rapporto salute/acqua diffondendo una campagna informativa su come il 41% della popolazione mondiale non disponga di acqua non solo per dissetarsi, ma neanche per lavarsi né per tenere puliti i servizi igienici.
(La foto in alto si riferisce proprio alla campagna sanitation is dignity) il che causa malattie e epidemie di ogni genere.
E secondo il rapporto presentato nei giorni scorsi, il risparmio dell’acqua passa anche attraverso il risparmio degli alimenti. Secondo gli autori dello studio ogni anno negli Usa si getta via anche il 30% di cibo prodotto per un valore di circa 48,3 miliardi di dollari:
E’ come lasciare il rubinetto aperto buttando via circa 40.000 miliardi di litri, ovvero una quantità d’acqua sufficiente a soddisfare i bisogni domestici di 500 milioni di persone.
Sprechi da cui l’Europa non è esente. Ne parlava Ecoblog qualche mese fa a proposito del cibo gettato via dagli inglesi (e non solo). E continua il rapporto:
Migliorare la produttività delle acque e la riduzione della quantità di cibo sprecato per permettere di fornire una migliore dieta ai poveri e cibo a sufficienza per la crescita delle popolazioni. Per raggiungere questo, proponiamo la riduzione del 50 per cento delle perdite e sprechi nella filiera produttiva.
A complicare l’approvvigionamento idrico delle popolazioni anche la produzione di biocarburanti che in ultima analisi potrebbe scatenare più di una futura emergenza nel mondo. E contro questa prospettiva che sembra essere diventata il sogno di più di una nazione che il WWF ha lanciato il suo proclama: ” meno parole e più fatti” a cui ha allegato il dossier Water for life: Lessons for climate change adaptation from better management of rivers for people and nature, in cui svela le strategia di approvvigionamento idrico a favore delle colture e a discapito dell’uso domestico.
Pero...¿Qué plástico podemos recolectar?
- En principio podremos recolectar tapas de gaseosa y agua mineral
Y... ¿Cómo participamos?
- Las tapas deberán ser recolectadas en cajas, no en bolsas ya que éstas pueden romperse con facilidad....
Y, una vez que tengamos una gran cantidad de tapitas las alcanzamos al siguiente lugar:
"Centro Cultural Italo - Argentino " Colòn 248 -Viedma - Rio Negro
Adonde, las recibiremos y nos encargaremos de enviarlas a la Fundaciòn .
http://www.vaporlospibes.com.El gobierno y la industria embotelladora finlandesa han consensuado producir envases de vidrio y de plástico (PET) estándar, a fin de que puedan devolverse para su recarga sin importar el proveedor.
Los proveedores de bebida en Finlandia, ya sean alcohólicas o no, se ajustan a este sistema para asegurar una economía de ciclo cerrado. Las botellas de cerveza se identifican por ser de vidrio ámbar, mientras que las otras bebidas se embotellan en vidrio trasparente.
El promedio de vida útil de una botella de vidrio puede alcanzar los diez años de duración, con cinco recargas anuales de media.
En Finlandia el comprador paga por cada envase de vidrio o PET un depósito en el momento de la compra. El depósito se reembolsa cuando devuelve el envase. De este modo, el proveedor recupera las botellas en el momento en que entrega al establecimiento nuevas botellas llenas. El ahorro alcanza también el sistema de transporte. Este sistema lo he conocido de chico aquí en España, y me he hartado de devolver los “cascos” de las botellas, tanto en pequeños establecimientos como en grandes distribuidores. Pero un buen día, desapareció…
Mediante este sistema, en Finlandia se reutiliza el 85% del vidrio y el 70% de los plásticos, siendo el país de la Unión Europea que menos desperdicios de packaging per capita genera.
(da: www.ison21.es)
Cambio di fine stagione. Il momento di archiviare i vestiti troppo leggeri per prendere quelli troppo pesanti. Ma anche il momento in cui si fa una totale revisione del guardaroba.
Quella carinissima maglietta rosa… che peccato ha dei buchetti. Quel pantalone nero… è a vita troppo alta. Quelle scarpe verdi… belle, ma l’anno prossimo saranno terribilmente fuori moda. Così, dopo ogni cambio di stagione ci si ritrova con pacchi e pacchetti di vestiti e accessori da gettare perché danneggiati o fuori moda. E spesso non ci dispiace neanche troppo, perché non avevamo speso molto e perché è una buona occasione per il rinnovo del guardaroba. Un ottimo motivo per fare shopping. Ma quando leggiamo il cartellino e ci stupiamo dei prezzi a buon mercato, non pensiamo alle conseguenze che i nostri acquisti “low cost” potrebbero avere.
Ebbene sì, i vestiti “usa e getta” per quanto carini e di moda sono anche una vera e propria bomba a orologeria per l’ambiente. Nessuno, guardando una vetrina, penserebbe ad una discarica, ma è proprio lì che vanno a finire quelle magliette, gonne, pantaloni, scarpe e borse che compriamo a cuor leggero. Gli inglesi la chiamano “fast fashion”. Proprio perché dura il tempo di un kleenex. Alcune catene di moda “usa e getta” hanno iniziato a cambiare le collezioni ogni due settimane, non più solo due volte all’anno. E i risultati si possono immaginare. Paradossalmente sono più ecologici i tessuti sintetici di quelli naturali come il cotone.
Come mai? Il problema risiede nelle coltivazioni intensive che utilizzano fertilizzanti e pesticidi e nella manutenzione dei capi. Un vestito sintetico non ha bisogno di essere stirato e si asciuga prima. Il risultato è che per i capi sintetici si utilizzano meno elettrodomestici inquinanti come il ferro da stiro e l’asciugatrice. Nella coltivazione, poi, anche se si utilizzano meno risorse che nelle fabbriche che producono tessuti sintetici, è altissimo il consumo di acqua per l’irrigazione. Per non parlare dell’uso dei fitofarmaci. I pesticidi, per intenderci.
La soluzione ci sarebbe. Bisognerebbe incentivare la produzione di cotone “biologico”, senza l’uso di prodotti chimici nella coltivazione. Costerebbe troppo, potrebbe obiettare qualcuno. Vero, ma nel lungo termine ci sono dei vantaggi, perché in questo modo non si “esaurirebbero” i terreni. L’uso indiscriminato dei pesticidi, infatti, impoverisce i terreni, portandoli anche alla desertificazione.
Un’altra opzione sarebbe l’uso di altre fibre naturali maggiormente eco-sostenibili, come canapa, ramia, iuta, sisal (ricavato dall’agave) e fibra di cocco. Oltre alle cosiddette “bio-fibre”, che hanno un solo anno di vita, ma sono biodegradabili: sono il bambù, la soia e il mais.
Anche la manutenzione dei capi è alla base dei rischi di “inquinamento da moda”. Eliminare l’uso di asciugatrici elettriche e ferri da stiro sarebbe il primo passo da compiere, insieme alla riduzione della temperatura del lavaggio. Poi si dovrebbe porre attenzione sull’uso di detergenti e saponi, cercando di non esagerare nei dosaggi.
Infine, c’è la questione riciclo. Se la raccolta differenziata dei rifiuti è stata molto incentivata negli ultimi anni, ancora non viene prestata particolare importanza al riciclo dei tessuti. Eppure sarebbe un’ottima soluzione per diminuire l’impatto ambientale delle mode “usa e getta”. Per esempio si potrebbe proporre ai consumatori una specie di “rottamazione dell’usato”. Cioè i negozi potrebbero applicare degli sconti a chi acquista portando indietro merce usata da riciclare. Oltre al riciclo, gli stessi negozi potrebbero aggiungere un servizio di “restyling”, garantendo dei servizi di sartoria e dei “pezzi di ricambio”. Negozi di vestiti come concessionarie di automobili? Non proprio, ma quasi.Puliamo il Mondo è l'edizione italiana di Clean Up the World il più grande appuntamento di volontariato ambientale del mondo. Dal 1993, Legambiente ha assunto il ruolo di comitato organizzatore in Italia ed è presente su tutto il territorio nazionale grazie all'instancabile lavoro di oltre 1000 gruppi di "volontari dell'ambiente", che organizzano l'iniziativa a livello locale in collaborazione con associazioni, comitati e amministrazioni cittadine.
Puliamo il Mondo è un'iniziativa di cura e di pulizia, un'azione allo stesso tempo concreta e simbolica per chiedere città più pulite e vivibili.
Per raggiungere questo obiettivo serve l’impegno di tutti, cittadini e istituzioni. Serve una maggiore attenzione alla tutela del territorio e un impegno coerente e continuo nel tempo.
Con Puliamo il Mondo si recuperano numerosi luoghi dal degrado e si promuove una efficiente gestione dei rifiuti, una reale riqualificazione delle aree urbane e una più attenta valorizzazione degli ambienti naturali preservandoli dall'abusivismo edilizio e dalla cementificazione.
A Venezia, isola della Giudecca, ci sono cassonetti per rifiuti con una parete di vetro e dei ripiani. Li si usa per gli oggetti di cui ci si vuole disfare ma che non sono proprio “da buttare”: oggetti ancora in buone condizioni che potrebbero interessare a qualcuno e che, quindi, vengono messi a disposizione in un luogo pulito, protetto e pubblico.Il progetto si chiama “rifiuto con affetto” ed e’ attivo da un anno. A inventare e studiare la collocazione, la pubblicizzazione e l’utilizzo di questi “armadi/vetrine di strada” sono state tre studentesse di Design e Arte.
La parte interessante dal punto di vista sociale e’ stata la volontà di dare dignità al recupero degli oggetti. Gli oggetti molto spesso vengono progettati con una obsolescenza programmata per far si che vengano buttati e ne vengano comprati di nuovi. Osannare la moda e denigrare il riuso favorisce i consumi e la produzione di rifiuti. Usando il cassonetto del rifiuto con affetto la gente sa che le proprie cose resteranno in zona e saranno prese da qualcuno che le apprezza.
La poltroncina è fatta da quindici sacchi di stracci, messi uno sull’altro per la modica cifra di 4500 dollari, ma l’acquirente può riciclare i propri inserendoli nel disegno: sul sito affermano che “ogni pezzo è unico”, una pregiata eco-opera che può diventare un modo per conservare i propri ricordi.
Ogni, 22 aprile, si festeggia
L'Earth Day, nato per sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi ambientali, viene celebrata in 174 paesi,
per un totale di quasi 4.000 eventi.
Le origini dell'Earth Day risalgono al 1970 quando, appunto il 22 aprile, il senatore democratico del Wisconsin, Gaylord Nelson, organizzò il primo appuntamento, portando sulle strade degli Stati Uniti oltre 20 milioni di persone. Da allora l'evento si è esteso ad un ambito internazionale, e 174 paesi del mondo si mobilitano per promuovere la conservazione dell'ambiente e la sostenibilità delle politiche di sviluppo. Obiettivo generale è sensibilizzare l'opinione pubblica e sollecitare un cambiamento nei comportamenti individuali.
Jovanotti è uno dei testimonial dell'evento. In un'intervista a Sky il musicista ha detto di credere anche lui, come Al Gore, che solo attraverso il rispetto per la natura si possa salvare la salute del pianeta. Per questo, spiega, ha affidato a Enel il compito di calcolare la media delle emissioni di anidride carbonica prodotte durante la sua tournée Safari tour. Chiarendo che non è solo la media "relativa alle mie macchine, agli spostamenti del camion e all'elettricità prodotta dal concerto, ma anche alle macchine del pubblico che arriverà", quindi "di tutte le emissioni prodotte da un mio concerto".
Enel poi realizzerà progetti di riforestazione nella provincia in cui viene tenuto il concerto.
Jovanotti crede nei piccoli gesti quotidiani per rispettare l'ambiente e, non essendo "catastrofista", riconosce un progresso nella coscienza ecologica negli ultimi 10 anni. "Ci sono anche dei segni che ci indicano che abbiamo preso la strada sbagliata: come la tendenza ad antropomorfizzare la natura. Questa idea che la natura è una specie di parente che ogni tanto bisogna andare a trovare "non è una idea sana secondo me: la natura è tutto", assicura.
Secondo Jovanotti, "siamo passati dal futuro come promessa, al futuro come minaccia", ed è questa "la vera forma di resistenza che noi dobbiamo portare avanti: cercare di tornare, di recuperare una visione del futuro come promessa e non del futuro come minaccia", conclude l'artista.
sito: enel.it
Lo sapevi che...
ogni cittadino italiano produce in media 470 chili di rifiuti l'anno, pari a 1,3 chilogrammi al giorno?!
Ogni tonnellata di carta raccolta in maniera differenziata e quindi avviata al sistema del riciclaggio consente un risparmio di:
- 14 alberi di alto fusto
- da
- 200/300 Kg equivalenti di petrolio
Ogni tonnellata di vetro riciclato consente un risparmio di:
-
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-
Ogni 40 lattine di alluminio riciclate (circa
-
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La produzione di acciaio utilizzando rottami di ferro invece del minerale, consente una riduzione del:
- 65% di energia elettrica
- 40% di acqua
- 86% di inquinamento dell'aria
- 76% di inquinamento dell'acqua
La produzione di rifiuti rappresenta un grande problema per tutto il pianeta. Il riciclo e il riuso sono modi per contribuire alla riduzione del problema.
Fumetti dal sito: http://www.legambientearcipelagotoscano.it/globalmente/rifiuti/guida.htm
Questo progetto, è nato quest'anno dentro la "Scuola di lingua e cultura italiana" di Viedma,
dove frequentiamo il 3º anno elementare.
E si presenta con l'intensione di promuovere l'idea che i rifiuti sono risorse, dando un significato a ogni materiale cercato, trovato e ricuperato per reinventare un significato e un'utilità attraverso l’arte e il disegno. Facendo enfasi nell’idea che tutto serve, anche se è piccolo oppure non ha più significato economico, se si valorizza i materiali si può anche pensare a nuove forme di comunicazione e creatività rispettando gli oggetti, l’ambiente e noi stessi.
Per incominciare, abbiamo deciso di fare una campagna pubblicitaria, costretta ad accogliere l'attenzione di tutti gli allievi della nostra scuola, e farli partecipare alla raccolta degli oggetti fino ad Agosto 2008, mese nel quale cominceremo a lavorare nella costruzione dell'opera d'arte.